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folla che aborriva; la sua personalità si smarrì, si annullò quasi nella varia vastità degli ambienti, e il viaggiatore disingannato finì per rimpiangere le ore di silenziosa meditazione della sua vita di Palermo.

Da questo stato d’indifferenza un po’ stanca egli uscì una volta, a San Remo, dinanzi al sepolcro della madre; ma, compiuto quel pietoso pellegrinaggio, egli proseguì la sua via, senza desiderii, vagabondando, arrestandosi una settimana in un luogo ignorato, torcendo cammino secondo la disposizione dello spirito, la fisonomia dei luoghi o il colore del cielo. Verso i primi d’aprile era a Parigi. M’avvertì del suo arrivo mandandomi un giornale; poi nulla più, per quindici giorni. La prima lettera che ricevetti era datata in questo modo: Dalla Tebaide, 16 aprile.... «Che cosa supponi tu,» mi scriveva, «che io sia venuto a fare qui? Passo il mio tempo nei Musei, più spesso nelle Biblioteche. Sono stato dai principali librai ed ho la stanza ingombra di novità. Ieri fui al Collegio di Francia, al corso