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fanciulla, d’una straniera, non era certo una cosa molto comune; meno comune era l’aria di serietà triste con la quale ella era entrata nel suo modo di vedere... «Amici miei,» esclamò ad un tratto la contessa di Verdara, «voi siete funebri! Il signor Raeli ha trovato una collaboratrice in Maxette!... Per me, dichiaro umilmente che cotesto Monrealese ha un’aria molto antipatica!» — «Ammesso che sia lui!» disse Giulio di Verdara; «il Van Eyck non è poi certo che sia del Van Eyck!» — «Non si attribuisce al Mabuse?» chiese la signorina di Charmory evitando lo sguardo di Ermanno, cui la domanda pareva nondimeno diretta. «Se non è del Cornelissen...» rispose quest’ultimo. «O fatemi il piacere!..» esclamò allora la contessa, stringendosi un poco nelle spalle, con un moto graziosissimo. «E quell’attacca-panni, di che secolo è?..» disse a sua volta il conte, con una grande impassibilità, fermandosi dinanzi al gabinetto della Direzione e mostrando l’oggetto in quistione.

La visita al Museo finiva così, tra la finta