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pitato!» esclamò, con un risolino, nello scorgere Ermanno; poi, rivoltosi alla signorina Massimiliana: «È lei,» aggiunse, «che ha avuta la virtù di apprivoiser l’amico mio!» La contessa reclamava allora la sua parte di merito. «In verità, ci siamo messe in due ad abusare della sua cortesia!...» e come Ermanno cercava di protestare, il conte lo interrompeva, dicendo che le sue proteste erano inutili: non le credeva! Egli sviluppava questa teoria: che nel consorzio così detto civile tutto è posa, tutto è corvèe. Non era una corvèe quella della signorina di Charmory, di starlo a sentire? Non era una corvèe quella di Ermanno, che avrebbe voluto essere a casa, a scrivere un capitolo della sua storia dell’arte?.. Versato allora sollecitamente il the in un’altra tazza, la contessa era venuta a presentarla al marito: «E questa è la corvèe mia, di offrirti un the che non meriti!...» Allora, rivolgendosi agli altri come per invocare la loro testimonianza: «Vedete?» riprese immediatamente Giulio, «ecco una decozione medicinale che si è con-