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116 la filosofia di un poeta

la fiducia, l’indipendenza della nostra anima. «Perciò il più umile degli uomini è obbligato di mantenere e d’ingrandire l’anima sua, come se sapesse che un giorno ella dovrà essere chiamata a consolare o a rallegrare un Dio. Quando si tratta di preparare un’anima, bisogna prepararla per una missione divina». Poco dopo dice tutto il contrario, loda i saggi che non escono dalla vita, che restano nella realtà: «Non basta amar Dio e servirlo come meglio si può, perchè l’anima umana si affermi e si tranquilli. Non si arriva ad amar Dio se non con l’intelligenza e i sentimenti acquistati e sviluppati a contatto degli uomini. L’anima umana resta profondamente umana. Si può insegnarle ad amare molte cose invisibili, ma una virtù, un sentimento interamente e semplicemente umano la nutrirà sempre più efficacemente che non la passione o la virtù più divina». Senza dubbio anche questa volta il pensatore si contraddice per amore della verità, per stringere quanto più da presso è possibile la verità. Ragionando della perfezione dell’anima, vuole naturalmente che questa perfezione sia divina; ma poi deve rinunziare ad essa e tornare all’umile umanità; perchè, tanto è vero che la perfezione più perfetta è la divina; quanto è vero che all’uomo bisogna proporre una mèta che egli possa raggiungere, cioè umana. Questo