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un sogno 257

che singolare qualità d’invenzione o di fattura, ed in quella creatura vibrante e fremente l’ammirazione si rivelava con la commozione della voce, con l’umidore degli occhi, con l’imminenza del pianto. Fino a quel momento io avevo apprezzato in lei la bellezza della forma ed il brio dello spirito; fra i miracoli dell’arte, riconoscevo l’acutezza della sua intelligenza, la serietà della sua cultura, la delicatezza dell’anima sua: cose prima intuite, ma ora misurate. E come mi lodavo di essermi frenato, di non averla offesa con qualche brutalità!... Usciti dal museo le offersi il tè. Andammo a prenderlo all’«Hôtel Riche»: mi indicò ella stessa quel sito, oppure mi rammentai che qualcuno me ne aveva parlato.... dove?... quando?... Chi sa!... Venticinque franchi di tè: i prezzi mi sono rimasti nella memoria non solamente per l’altezza straordinaria, ma anche per una sottile inquietudine di restare a corto di quattrini. Partendo per poche ore, non avevo pensato di dover rifornire il portafogli: quelle cinque o seicento lire che conteneva mi erano sembrate più che sufficienti; ma non sarebbero finite presto, spendendo a quel modo? Che importa! Avrei

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