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260 un sogno

della mia compagna, la mano nervosamente afferrata al bracciuolo della poltrona, di stringerla forte per significare in qualche modo la mia commozione, mi fece sollevare il braccio; ma poi mi contenni. Finito lo spettacolo le proposi di entrare in un Caffè; quando ne uscimmo ella volle tornare a casa a piedi. Pareva che il mio pensiero fosse il suo: prolungare le ore di quella notte. Era ella spinta dallo stesso mio sentimento? Io aspettavo l’avvenimento risolvente, l’incidente decisivo. Un’immagine mi occupava: quella della nave nella cui stiva le mercanzie si accatastano: le botti, le casse, le balle, i cesti; più carico essa riceve, più si immerge, finchè il livello del mare raggiunge il limite estremo segnato da una riga bianca sui fianchi poderosi; ma poichè quel segno è grosso parecchi centimetri, e molte e molte altre tonnellate farebbero abbassare lo scafo di qualche frazione di millimetro appena, così è ancor possibile imbarcare tanta altra roba, e ancora infatti se ne imbarca; non parliamo dei passeggeri col loro bagaglio, perchè essi sono troppo poca cosa a paragone della capacità del battello, e quanti ne arrivano tanti vi salgono; ma ec-