Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/241

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la confessione 229

dirle e di provarle il proprio ravvedimento. Senza più amarlo, ma per non farlo tornare a noi, ella resisteva a quell’altro. Io gli dissi più volte la sua stoltezza, l’indegnità di sacrificare a una donna l’ideale di tutta la sua vita. Egli non mi udiva. Era accecato. Veniva da me a piangere per averla perduta, per averla voluta perdere; voleva che io, io, l’aiutassi....

Nella voce della giovane c’era, oltre lo sdegno, un’ansia secreta: non solamente il dolore per il traviamento del compagno di fede, ma anche, più profondo e nascosto, il tormento d’essere stata presa a confidente dall’uomo amato che neppure avea sospettato l’amor suo.

— E voi?

— Io vidi che tutto era inutile. Non avevo molto sperato di guarirlo perchè so come è fatto. Quando un’idea lo infiamma nulla vale ad arrestarlo: non ragiona, non vede più. Nondimeno aspettavo che la crisi si risolvesse in qualche modo. Un giorno, improvvisamente, compresi il nuovo pericolo: egli aveva visto il Ginevrino; nel parlarne le sue mani tremavano, i suoi sguardi gettavano fiamme. Compresi che lo avrebbe ucciso, che si sarebbe perduto senza riparo. Le ultime volte che venne qui lo raggiunsi, presaga della catastrofe. Egli mi chiese che lo aiutassi. Lo aiutai.

— Uccidendo la donna della quale voleva l’amore?