Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/41

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le prime indagini 29

carte e stretta la mano che il giovane gli tendeva quasi per afferrarsi a lui, rispose:

— Sarebbe già il dover mio; ma facciamo di meglio: dimentichiamo piuttosto la nostra condizione rispettiva e confidatevi non al magistrato, all’uomo.

— Grazie, signore! Io vi ringrazio di queste buone parole... Al magistrato, infatti, non avrei molto da dire, non riuscirei forse a comunicare, mancando di prove reali, la mia morale certezza...

— Ed all’uomo?

— All’uomo... all’uomo io domanderò: Chi ha sopportato la vita quando era piena di nerezza, credete voi che possa fuggirla mentre vede finalmente la luce risplendere? Chi ha disperato rassegnatamente, in silenzio, si dorrà, si ribellerà all’imprevista speranza?...

Il giudice che era stato a udirlo a capo chino, senza guardarlo, non rispose subito.

Levati gli occhi su lui, interrogò dopo un poco a sua volta:

— Eravate molto intimo della defunta?

Il giovane taceva. I suoi occhi si gonfiarono lentamente di lacrime.

— Non dovrei, no, dire questa cosa... — mormorò con voce rotta. — A nessuno io direi un secreto non mio... non tutto mio... E mi pare, guardate, che Ella se ne dolga, che mi vieti di aggiungere altro.