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i ricordi di roberto vérod |
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bellezza troppo grande e quasi fuor dell’umano, lo avevano fatto tremar
di paura, rivelandogli la minaccia che pendeva sulla vita di lei. Il
sentimento d’ammirazione che la prestigiosa creatura destava nei
momenti del suo massimo splendore mutavasi allora in sollecita pietà; e
la pietà della fugace e peritura bellezza avvinceva il cuore di lui più
saldamente che non potesse avvincerlo l’ammirazione per ogni altra
bellezza superba e trionfante. Egli rammentava ancora le parole udite
una sera lontana, quando, in uno dei troppi rari momenti di pace,
sedotta dalla insistenza d’una folla giuliva, ella s’era messa al
pianoforte. Musiche inebbrianti uscivano dallo strumento sonoro, e la
misteriosa virtù della melodia disponeva l’animo di lui a tutta
comprendere la sovrumana bellezza che per l’improvvisa animazione le
sfolgorava in viso. A quel massimo grado di meraviglia egli sentivasi
però umiliato e quasi offeso: quanto più stupenda ella era, tanto più
inarrivabile doveva sentirla, tanto più mediocre e indegno doveva
giudicare sè stesso. Ma come più il suo cuore chiudevasi dall’angoscia
per la coscienza della troppa distanza che lo separava da lei, ad un
tratto, senza che ella interrompesse l’esecuzione d’un Largo di Bach,
la porpora delle sue guance impallidì, la meravigliosa purezza dei suoi
lineamenti s’alterò e dissolse. In quel punto uno degli spettatori ch’ei
credeva occupati da un sentimento eguale al suo pro-