Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
ii - i toscani | 31 |
poesia era sapienza e filosofia, veritá adorna, e che non pregiava i versi se non come velame della dottrina:
Mirate la dottrina che s’asconde sotto il velame delli versi strani. |
Tal poeta, tal pubblico. E si andò cosi formando una scuola poetica, il cui codice è il Convito di Dante.
Se Bologna si gloriava del suo Guido, Arezzo avea il suo Guittone, Todi il suo Iacopone e Firenze il suo Brunetto Latini.
Dante mette Guittone tra quelli che «sogliono sempre ne’ vocaboli e nelle locuzioni somigliare la plebe». Alla qual sentenza contraddicono alcuni sonetti attribuiti a lui e che per l’andamento e la maniera sembrano di fattura molto posteriore. Se guardiamo alle sue canzoni e alle sue prose, non sará alcuno che non stimerá giusta la sentenza di Dante. In Guittone è notabile questo: che nel poeta sentí l’uomo; quella forma aspra e rozza ha pure una fisonomia originale e caratteristica, una elevatezza morale, una certa energia d’espressione. L’uomo ci è, non l’innamorato, ma l’uomo morale e credente, e dalla sinceritá della coscienza gli viene quella forza. E c’è anche l’uomo colto, una mente esercitata alla meditazione e al ragionamento.
I suoi versi sono non rappresentazione immediata della vita, ma sottili e ingegnosi discorsi che doveano parer maraviglia a quel pubblico scolastico. Venne perciò a tale celebritá che fu tenuto per qualche tempo il primo de’ poeti; ma nella sua vecchia etá si vide oscurato da’ nuovi astri, onde dice il Petrarca:
. . . Guitton d’Arezzo, che di non esser primo par ch’ira aggia. |
Nondimeno gli rimasero ammiratori e seguaci, con grande ira di Dante, che esclama: «Cessino i seguaci dell’ignoranza, che estollono Guittone d’Arezzo».
Guittone non è poeta, ma un sottile ragionatore in versi, senza quelle grazie e leggiadrie che con si ricca vena d’immaginazione ornano i ragionamenti di Guinicelli. Non è poeta e non è neppure artista: gli manca quella interna misura e melodia,