Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/260

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convento, che ne esca come un monsignor Dupanloup per maledire alla terra? No, perché egli porta con sé quel profondo sentimento del positivo che gli conosciamo; e capite l’utilità di questo positivo, il quale egli ha esagerato, ma è pure ciò che costituisce la sua fisonomia. Egli perciò comprende che la vita è diversa dall’ideale, e non se ne maraviglia più, non se ne indegna, anzi se qualcuno se ne indegna, egli ne sorride, come se gli dicesse: — Sei ancora fanciullo — . È come un uomo che ha veduto e sa come va il mondo, dirimpetto a un giovane che al primo entrarvi, si sdegna e freme, credente com’è nella virtù, vedendola negata e calpestata: un uomo insomma che si trova nella vita, la capisce e perciò la scusa.

Messo in tale situazione, ed abbozzata la sua concezione, quale sarà la forma che le darà? La sua forma è l’«ironia», forma propria delle creazioni moderne. E che cosa è l’ironia moderna, quella di Goethe, di Leopardi? È la caricatura che fa l’intelligente dirimpetto all’ignorante, l’uomo di esperienza dirimpetto a chi non ne ha punto; che la seconda impressione fa alla prima, l’avvenire al passato, la nuova generazione che si crede più progredita e più dotta, alla vecchia. Avuti questi contrapposti, messa l’intelligenza superiore dirimpetto ai pregiudizii e alle opinioni volgari, il dire: — Ti ho capito — , si traduce in un risolino.

Quale sarà ora il carattere di quell’ideale?

Quando un uomo, dopo aver creato colla sua potenza artistica un mondo, vien poi con quel risolino a dirgli: — Ti comprendo, quel che tu sei lo devi alle condizioni in cui ti ho posto io che ti ho creato — , il carattere di quell’ideale non sarà più l’illusione o il disinganno, ma la «misura». Il che vuol dire che misurato dall’esperienza della vita, l’ideale più puro riceve qualche cosa di terreno, come l’anima che scende dal cielo nel corpo e ne acquista il limite.

Quando uno scrittore considera un mondo come concetto — siccome il concetto non è sottoposto a leggi storiche, e per sua natura è illimitato — corre e corre coll’immaginazione senza curarsi delle limitazioni che dà la storia. Ma quando lo scrittore