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xiii. don abbondio 275
Chi ha la forza ha sempre ragione, dunque; ma non basta: a poco a poco l’animo si pervertisce e prende l’aria di avere veramente ragione, come il nobile o il re a forza di sentir dire che sono da più degli altri, finiscono col crederlo. Miracolo maggiore è che colui il quale ha la coscienza della sua debolezza, accetta la sua condanna, e realmente prende atteggiamento di uno che abbia torto: invece di indegnarsi, di rimbeccar le parole, si mette sulle difese, comincia a balbettare. Questo è il motivo comico che suole aversi in simili casi: il forte parla come chi ha ragione, il debole come chi ha torto!

        Vedete come subito comparisce questo motivo. Il bravo si avanza e dice: — «Ella ha intenzione di sposare domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella?» — . L’autore rappresenta il bravo «col piglio minaccioso ed iracondo di chi coglie un suo inferiore su l’intraprendere una ribalderia». Questo «piglio» vi dà la parte plastica, l’accento che comenta le parole del bravo. Don Abbondio, l’uomo timido, avvezzo ad ubbidire alla forza, e che subito se ne fa imporre, don Abbondio risponde «con voce tremola»: — «Cioè... Cioè...» — . Questo tratto vi dipinge subito l’uomo, e già voi comprendete quel che deve venire dopo e tutto lo sviluppo di questo carattere.

        [Nel Pungolo, 18-19 maggio 1872].