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Lezione XV

[DON ABBONDIO]

Abbiamo lasciato don Abbondio con una frase in bocca, pronunciata in capo alla scala, dopo il dialogo con Perpetua: — «Per amor del cielo!...» — .

A chi ha letto attentamente quel dialogo non gli è dovuto sfuggire un salto che v’è qui, tra le altre parole pronunciate antecedentemente da don Abbondio: — «Eh! ci vuol altro cerotto, ci vuol altro cerotto, ci vuol altro cerotto» — , e la frase: — «Per amor del cielo!» — . C’è un salto evidentemente; ma che cosa è successo di nuovo in quel frattempo? Non altro che don Abbondio ha voltato le spalle a Perpetua, e si è avviato per salire alla sua stanza da letto (le case in quel tempo, come ora ne’ villaggi, erano divise in piani, ed avevano il salotto da pranzo a pianterreno, e la stanza da letto sopra). Quando don Abbondio è giunto in capo alle scale dice dunque: — «Per amor del cielo!...» — . C’è un salto dalle ultime parole; c’è stata in lui in quel frattempo una storia intima che bisogna rivelare per ispiegarci quel salto.

Ecco quell’analisi che io vi fo, ed alla quale io richiamo la vostra attenzione, perché leggendo un autore, siate nel caso di conoscere e riempiere di simili lacune.

Ci è dunque di nuovo in don Abbondio una interna espressione non espressa al di fuori, ma che ha prodotto quella frase. E qui notate che la differenza tra l’artista ed il critico è questa: l’artista non rivela il mondo interno se non nell’atto della vita,