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Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/345

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iii. ritratto di don abbondio 339

e gli pare che vogliano dire: — Facciamo la festa a quel prete — . In lui v’è la ragione che capisce e l’immaginazione che non capisce, e se la piglia con sé e con Perpetua che volle che andasse a far riverenza all’Arcivescovo. L’Autore lo paragona ad un ragazzo vicino ad un cane mordace che il padrone accarezza chiamandolo buono, ed egli non sa dire di no, ma vorrebbe andar via. Qui il carattere comico sta in ciò, che allora quando don Abbondio ha paura, nasce una contraddizione fra il mondo come lo vedeva lui e come appariva lì. Avete in caricatura lo sviluppo della situazione nel monologo. Volete vedere questa idea caricata di un riso spropositato? [Don Abbondio andava sulla mula, che, seguitando l’uso di tali animali, si teneva sempre sulle prode dei precipizi]. Don Abbondio vedeva il precipizio sotto di sé ed invano cercava di trar colla briglia l’animale in mezzo alla strada, e diceva rivolgendosi angosciato alla mula: — «Anche tu!» — . In questo «anche tu!» v’è don Rodrigo, il Cardinale, l’Innominato, Lucia, e la mula. «Anche tu!».

Nell’ultimo ritratto di don Abbondio vi è come qualche cosa di più in un personaggio esaurito. La sua storia finisce col redde rationem, cioè col dialogo col Cardinale. Qui vi sono due mondi contrarii. Il Cardinale è il sacrifizio delle passioni alla virtù; parla con esaltazione, ed il suo dire prende una forma oratoria ed anche di sermone. Ed ecco ad un tratto don Abbondio ne sente l’impressione: non l’osa dire a lui, ma lo dice a sé; forzato a parlare, gli esce qua e là qualche frase. Questa è una scena audace, è come far parlare Napoleone con Stenterello. Fra questi due mondi lontani, del sacrifizio e della paura, vi è un mondo di mezzo, vi sono i lettori, che io chiamerei temperatura media, ed allora avviene che quando il Cardinale parla ed il lettore sta per dire: — Basta! — , divertito dallo sproposito in che esce fuori don Abbondio, ride e si ravvicina al Cardinale con rispetto. In questa scena parlerebbero molto senza intentendersi mai; se non che il Cardinale colla sua penetrazione trova il lato debole di don Abbondio, che era un uomo buono quando non aveva paura. Don Abbondio ascolta quelle parole, le sente, e il suo dialogo col Borromeo è la sua vita. — Gli sposi