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xv. 1821-22 - il «bruto» e la «saffo» 151

come fosse di ogni nato mortale; un dubbio assai poetico, che balena in quei detti: «Se felice in terra visse nato mortai». La sua storia si mescola a poco a poco con la storia di tutti. E tranquilla sottostà al fato, che è il fato comune:

                    Ogni più lieto
Giorno di nostra età primo s’invola.
Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l’ombra
Della gelida morte.

Una calma esposizione, che rassomiglia a un lago mortifero. E più tranquilla è l’acqua, più micidiale è l’impressione.

Trovi qui pensieri e affetti noti del giovane poeta, anzi sotto nome di Saffo la sua stessa situazione morale, inquadrata e localizzata, che pure si stacca con molta chiarezza di mezzo al colorito locale. Nel Bruto è una terribilità, che, se conviene a romano animo, è poco nel genio delicato del poeta, e v’è insieme una sottigliezza di pensiero e di argomentazione, che, se è nel genio del poeta, non è appropriata all’Eroe. Qui, al contrario, malgrado che il colore locale abbondi e simuli vita greca, e malgrado che la verità individuale sia perfetta, la situazione in cui è stata immaginata Saffo, corrisponde così appuntino collo stato d’animo del poeta e col suo genio, che hai fusione compita. E in verità in Leopardi ci è più di Saffo che di Bruto, più del delicato e del tenero che del terribile e del pomposo, e quando vuol bruteggiare appariscono durezze, latinismi e oscurità. Anche qui, volendo dare al principio una intonazione maestosa, cade nell’insueto e nel duro, e senti le reminescenze classiche.

Fino quella bellissima immagine dell’acqua in fuga sotto il lubrico piè manca nell’espressione di fluidità e di semplicità. Ma, andando innanzi, la forma si semplicizza e tocca in certi punti quell’alta naturalezza vereconda, che ammiriamo nei canti posteriori.

Come si sia, il Bruto e la Saffo, temi vecchi e materia di molte declamazioni, sono qui poesie originalissime, guardate da un punto nuovo di vista e rinnovate nella materia e nell’espressione.