Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/325

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nota 319

prio discorso critico. Così ci sembra arbitrario cambiare il testo desanctisiano come, ad es. a p. 134 rr. 5-7: «E non solo il matrimonio è trista cosa per gli sposi, che perdono le illusioni giovanili, ma pe’ figli anche, per necessità o infelici o codardi», dove il Cortese corregge e mette fra virgolette «o miseri o codardi», oppure come in questa rievocazione critica di un passo poetico (p. 89 rr. 15-17): «Il giovane, che non ha preso parte alla festa, la sera si affaccia a guardare un bel cielo stellato, e la luna, tranquilla sopra ai tetti in mezzo agli orti, che rischiara i lontani monti», in cui il Cortese così modifica nell’ultima parte: «e la luna ’queta («questa» per errore tipografico) sovra i tetti e in mezzo agli orti che rischiara i lontani monti’»1 Così si dica anche per i titoli di opere leopardiane che il Cortese (in verità solo nella prima metà circa del volume) riporta alla loro integrità ed esattezza non solo quando sono modificati e abbreviati secondo un uso consueto del critico, ma anche quando sono sciolti e incorporati nel discorso a semplice indicazione dell’argomento delle opere: così, ad es., a p. 5 r. 2, dove il testo desanctisiano «Abbiamo un suo ragionamento sulla condanna del Redentore» viene così modificato «Abbiamo un suo ragionamento sulla Condanna e viaggio del Redentore al Calvario». E del resto anche nel caso delle citazioni vere e proprie, la modificazione di versi che il De Sanctis aveva trasformati nella propria memoria incide sul valore stesso della riflessione critica che ne prende spunto o che su di quelli si appoggia. Come può essere, fra gli altri, il caso di due versi del Berchet (il primo dei quali, in forma inesatta: «E quel sole gli apparve più bello» per «E quel sol gli rifulge più bello»), citati a p. 140 rr. 17-18, a convalidare l’osservazione della popolarità del linguaggio berchettiano rispetto a quello del giovane Leopardi: la forma esatta attenua indubbiamente nei due versi il sapore di popolarità e modernità «un po’ negletta», per cui essi erano apparsi così opportuni alla mente del critico.

Diamo ora un elenco di errori dell’edizione Cortese (che indichiamo con Co) avvertendo che non teniamo conto delle numerose

  1. Né mancano casi in cui la stessa restituzione del testo leopardiano è a sua volta errata, come a p. 150, rr. 28-29, dove le parole di Saffo citate così dal De Sanctis: «Qual fallo macchiommi anzi il natale?» son cambiate in questa forma pure imperfetta: «Qual nefando eccesso macchiommi anzi il natale?».