Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/127

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reminiscenze 121

requie, toccava questo e quel tasto, e io non rispondeva a tuono. Quando fu a letto per fare il suo sonnellino del dopo pranzo, io mi posi a passeggiare per la stanza della scuola, e cercava di ficcarmi in testa la lezione; ma non c’era verso, ché l’occhio andava pur li, e quel pensiero era come un verme fitto nel cembro, che me lo teneva inquieto. «Dunque, — dicevo, — allons, pensiamo alla lezione»; ma la lezione non voleva andare, e stava sempre lì, tra quelle prime idee, e io ci stagnavo come in una palude. Più era lo sforzo, e più m’ingarbugliavo e non facevo via. Mi provai a socchiudere le imposte, per togliermi dagli occhi quel maledetto balconcino; ma che! in quella mezza luce la vedevo dovunque fissavo l’occhio, e talora sulla cattedra, con quel suo tuono beffardo, quando diceva: «La donna è un demonio». Quando vennero i giovani, tutto fini. In mezzo a loro mi sentii un altro; ripresi il mio buon umore, e tra quella concitazione mi usci una lezione tale, che fu applaudita. Parlai di Dino Compagni. Volevo mostrare ch’era un bon omo e cittadino probo e un gran cuore, ma inetto alle pubbliche faccende. Scorsi tutta la sua Cronaca, pigliando di qua e di là, frizzando, motteggiando e sfogando su di lui tutta la stizza che avevo in corpo. Non è che quelle idee mi venissero giù così all’improvviso; più volte mi erano passate per il capo, ma quella sera le condensai, le colorii, fui eloquente. E quella lezione mi piacque tanto, che la ripetei l’anno appresso, cosa insolita, e me ne rimase memoria, e mezza la inserii nella mia Storia della letteratura. A sera tarda zio Peppe mi disse: — Passeggiamo? — Sono stanco, — risposi: parte verità, parte pretesto. Volevo star solo. Andavo qua e là nelle stanze, e i punti più belli della lezione mi tornavano in mente, e si ficcavano tra le ombre della giornata; e fantasticando, mi trovavo spesso alla finestra, al balcone, tossendo, pestando dei piedi; e quella cameretta era sempre muta e oscura. «Sarà ita in collera», pensai, e mi rimproverai certe mie rozzezze, riandando quella passeggiata.

Cosi passò il dimani e il di appresso. Quel balconcino deserto mi facea venire la stizza e fomentava il desiderio. La sera del mercoledì uscii soletto; mi attendeva zio Peppe tra una