Pagina:De Sanctis, Francesco – La giovinezza e studi hegeliani, 1962 – BEIC 1802792.djvu/171

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la scuola 165

zaio di liti perpetue, che non ne vedranno la fine i figli dei figli, come dice il vostro Tasso. Don Tommaso ci gavazza dentro e ci s’imbrodola, perché nato fra le liti, e ci ha un gusto matto. Ma voi, caro don Francesco, col vostro Tasso e col vostro Dante, cosa vorrete farne di tutta questa roba litigiosa? Finirete che gli avvocati si mangeranno tutto e vorranno il resto. Dunque lasciate stare, non è cosa per voi — . Io rimasi come chi si sveglia da un bel sogno e si trova a bocca asciutta. Lui vedendomi così sospeso, disse, restituendomi la carta: — Se poi amate quella creatura, l’è un altro affare; ma non c’entro più io. Però, se il vostro cuore dice di si, meglio pigliarla sola, che in compagnia di tutte queste liti — . Mi strinse la mano con un sorriso pieno di bonomia, e mi congedò.

Me ne andai solo e correndo, com’era mio uso, con la testa in tumulto. Don Tommaso e la Caterina m’incalzavano nel cervello, e dall’altro lato c’era la lezione che cercava pure il suo posto. Feci un grande sforzo, ché dovevo parlare del poema epico, e già mi frullavano alcune idee fin dal mattino. Tentai ripigliare le fila, ma il matrimonio, le possessioni, don Tommaso me le guastavano, e per quel di caddi in preda ai fantasmi, e non conclusi nulla di nulla. La sera fui dalla Caterina per abito preso, e non fiatai della cosa; ma sulla faccia si leggeva il maledetto imbroglio ch’era nel mio spirito. Capitò all’ultim’ora don Tommaso, e al solito volle accompagnarmi. L’acuto sguardo della mamma notò la freddezza del mio addio alla Caterina, e disse: — Qualche cosa qui c’è sotto; non me la dai a intendere. — Niente, niente, — diss’io, più confuso e più rosso a quelle parole. Don Tommaso, assorto nelle sue liti, non s’era addato di nulla, e cominciava la sua solita litania; ma io mi sciolsi dal suo braccio e dissi: — Don Tommaso, questa è la vostra carta — . Aveva le braccia lunghe, giocava spesso co’ gomiti, e mi dié una gomitata, dicendo: — Eh! eh! cosa ti pare? — Mi pare, — diss’io, facendo animo, — che dentro a questa carta c’è un semenzaio di liti. — Semenzaio! — disse lui che non capiva la parola, — cosa vuoi dire? — Voglio dire che delle vostre liti vedranno il termine i figli dei figli. — Andate a fare con un maestro