Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/105

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i00 la poesia cavalleresca


Quando uno parla senza artificio, si ripete talora, ha un lasciar andare, caratteristico del modo di scrivere che si avvicina al modo di parlare. L’imitazione del linguaggio parlato consiste in quella negligenza apparente tanto difficile a raggiungere. I scrittori aridi tagliano tutti gli accessorii inessenziali al concetto, che sono la pienezza, l’abbondanza, il rigoglio del linguaggio naturale, non logico né pensato. Un tono elevato non ammette che certe parole, esclude metà del vocabolario. Grazie all’adottato tono naturale l’Ariosto può adoperar le parole più triviali senza parer triviale. Quando dice:

So che i meriti nostri atti non sono
a satisfare al debito d’un’oncia
vi mette in capo l’idea d’un venditore che pesa. L’Ariosto s’è potuto servir di questa espressione perché quel tono naturale è tono ironico in questo caso.

i. — L’angelo Michele.

Nel brano che vi ho letto comparisce per macchina epica l’intervento di Dio che non è serio nell’intenzione dell’Ariosto, ma un’ironia delle macchine epiche. Ironia non chiaramente spiegata, che non giunge sino alla satira, di cui non vi accorgete; che consiste nel dir famigliarmente cose che, dette seriamente, sarebbero poetiche; con un tono conveniente al fondo prosaico della poesia. Anche Tasso descrive una processione ed una preghiera de’ cristiani a Domineddio; ma con che tono elevato che lascia trasparire la sua commozione! Sulle labbra dell’Ariosto v’è un sorriso. Mostra l’ironia, parlando di queste cerimonie come di nude forme, di pratiche esterne, di cose abituali e senza importanza. Chi penserebbe a trovare esaltazione nel modo in cui dice che l’imperatore fece celebrar messe in Parigi?

     L’imperatore, il di che ’l di precesse
Della battaglia, fe dentro a Parigi