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ii6 la poesia cavalleresca
     E dicea ch’imitato avea il castore,
Il qual si strappa i genitali sui.
Vedendosi alle spalle il cacciatore.
Che sa che non ricerca altro da lui.
Gradasso non udí tutto il tenore.
Che disse: — Non vo’ darla a te né altrui.
Tanto oro, tanto affanno e tanta gente
Ci ho speso, che è ben mia debitamente.
     Cercati pur fornir d’un’altra spada;
Ch’io voglio questa, e non ti paia nuovo.
Pazzo o saggio Ch’Orlando se ne vada,
Averla intendo, ovunque io la ritrovo — .

Mandricardo, lieto d’una nuova battaglia, risponde con calma

— Piu dolce suon non mi viene all’orecchia
(Rispose alzando il Tartaro la fronte),
Che quando di battaglia alcun mi tenta;
Ma fa che Rodomonte lo consenta.
     Fa che sia tua la prima, e che si tolga
Il re di Sarza la tenzon seconda;
E non ti dubitar ch’io non mi volga,
E ch’a te et ad ogni altro io non risponda — .
Ruggier gridò: — Non vo’ che si disciolga
Il patto, o piú la sorte si confonda:
O Rodomonte in campo prima saglia,
O sia la sua dopo la mia battaglia.
     Se di Gradasso la ragion prevale.
Prima acquistar che porre in opra l’arme;
Né tu l’aquila mia da le bianche ale
Prima usar dei, che non me ne disarme:
Ma poi ch’è stato il mio voler giá tale.
Di mia sentenza non voglio appellarme,
Che sia seconda la battaglia mia.
Quando del Re d’Algier la prima sia.
     Se turbarete voi l’ordine in parte,
Io totalmente turberollo ancora.
Io non intendo il mio scudo lasciarte.
Se contra me non lo combatti or ora — .