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ii8 | la poesia cavalleresca |
Va’ indietro tu; — Vavvi pur tu; — né passo Però tornando, gridan tuttavia; Et attaccossi la battaglia in terzo, Et era per uscirne un strano scherzo. |
Agramante accorre per riconciliarli. Frattanto comincia un altro fracasso nell’altro padiglione dove Sacripante armava Rodomonte ed aveva riconosciuto in Frontino il suo Frontalatte. Egli dice a Rodomonte: — Il cavallo è mio; ma te lo presterò per gentilezza— . Rodomonte gli risponde mettendosi sei piedi al di sopra di lui.
Rodomonte, del quale un piú orgoglioso Non ebbe mai tutto il mestier de l’arme, Al quale in esser forte e coraggioso Alcuno antico d’uguagliar non parme, Rispose: — Sacripante, ogn’altro ch’oso, Fuor che tu, fosse in tal modo a parlarme. Con suo mal si saria tosto avveduto Che meglio era per lui di nascer muto. Ma per la compagnia che, come hai detto, Novellamente insieme abbiamo presa, Ti son contento aver tanto rispetto, Ch’io t’ammonisca a tardar questa impresa, Fin che de la battaglia veggi effetto. Che fra il Tartaro e me tosto ha accesa; Dove porti un esempio inanzi spero, Ch’avrai di grazia a dirmi: Abbi il destriero— . |
Sacripante s’arrabbia:
— Gli è teco cortesia Tesser villano (Disse il Circasso pien d’ira e di isdegno); Ma piú chiaro ti dico ora e piú piano. Che tu non faccia in quel destrier disegno Che te lo difendo io, tanto ch’in mano Questa vindice mia spada sostegno; E metterovvi insino l’ugna e il dente, Se non potrò difenderlo altrimente— . Venner da le parole alle contese, Ai gridi, alle minacce, alla battaglia... |