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v. l’«orlando furioso» | i65 |
Quant’è ben scelto quel: «mia vita»!
Di ciò, cor mio, nessun timor vi tocchi; Ch’io vo’ seguirvi o in cielo o nello ’nferno... — . |
E sèguita a baciarlo; e come Ariosto esprime questo bacio! Non vi è nulla di voluttuoso:
Cosi dicendo, le reliquie estreme Dello spirto vital che morte fura, Va ricogliendo con le labbra meste, Fin ch’una minima aura ve ne reste. |
Zerbino sente ritornar ima nuova forza e pronunzia le sue ultime parole, esortandola a non uccidersi, ma ancora di non dimenticarlo:
Zerbin, la deboi voce rinforzando. Disse: — Io vi priego e supplico, mia diva. Per quell’amor che mi mostraste, quando Per me lasciaste la paterna riva; E se comandar posso, io ve ’l comando, Che, finché piaccia a Dio, restiate viva; Né mai per caso pogniate in oblio Che, quanto amar si può, v’abbia amato io...— . |
Dopo quest’ultimo sforzo si sente venir meno. Impressione straziante d’Isabella:
Chi potrá dire appien come si duole. Poiché si vede pallido e disteso. La giovinetta, e freddo come ghiaccio, Il suo caro Zerbin restar in braccio? |
Sentite quanto cuore aveva l’Ariosto! Questa rappresentazione ha due sorelle: abbandono di Olimpia e morte di Brandimarte.