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iv. giovanni prati 2i7

mando, intorno a cui fui pregato dagli amici a dire qualcosa. Allora io credevo in buona fede che si potesse e si dovesse dir sempre il vero, di che mi sono ricreduto dopo, ed ho giurato di non dire piú nulla sugli scrittori viventi. Una piccola eccezione la fo ora per Emilio Zola, scrittore lontano da noi e da pochi in Italia conosciuto. Sull ’Armando feci dunque una critica, e inviluppai il mio biasimo sotto un tal nembo di fiori, che anche i miei piú ingegnosi amici restarono ingannati. Il Prati mi venne d’innanzi col suo piú bel sorriso, e d’allora in poi restammo amici.

Ora, volete sapere il mio giudizio su Prati? Egli come poeta patriottico non ha né il carattere, né l’energia, né il sentimento di Berchet; come scrittore di grande poesia, non ha sentito che quando le sintesi poetiche piú ardite sono state tentate da scrittori come Goethe, Leopardi, Musset, il rifare la stessa via è un’audacia; non ha sentito che in tal caso la poesia diventa lo strascico polveroso di una bella veste finita e compiuta. Come poeta di secondo ordine, egli ha di certo una grande immaginazione, ma la sua vera grandezza è dove egli meno crede, in quei versi che scrive senza pretensione, a sfogo d’umore, e gitta qua e lá con la spensieratezza di un ricco, e lascia sperdere come le foglie della Sibilla.

Una di queste poesie io voglio leggervi: è un’epistola al Brioschi, l’eminente matematico a tutti noto, che stuzzicava e canzonava il poeta. E se l’epistola fosse un vivo gioco di frizzi e motti, sarebbe una poesia brillante ma di poco interesse. In quei versi è qualcosa di superiore e di generale. Prati e Brioschi scompaiono; la lotta è fra la poesia e la matematica, la poesia che ha il suo trono in cielo, e la matematica col suo Dio cellula e il suo trono in terra. Dall’una esce un’armonia apparentemente inutile, dall’altra alcunché di piú solido, il danaro.

Questa lotta, che è di vecchia data, non ha preso sempre l’istessa forma nella poesia; la forma cambia col cambiare dei tempi e dell’ambiente. Mettetela nei tempi eroici, in cui l’uomo credeva all’ideale, a Dio, alla patria, e la poesia si sente nel suo regno, tiene sotto di sé la matematica, ed avete le invettive del