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diomede marvasi 255

spalla. La sua impressione pronta e sincera gli chiariva subito l’esagerazione, e in tanti languori teneri, se guardavi a lui, coglievi nella sua físonomia equivoca e forzata un’aria d’impersuaso piú disposto a riderne che ad intenerirsene. Parea volesse dire: sará ottimo, ma c’intendo poco. Talora ricapitolando le impressioni dei giovani e improvvisando io un giudizio, che non mi finiva, guardava a lui, che mi faceva un’alzata d’occhio, e dicevo fra me: ha ragione. La sua percezione era cosí sicura, che né regole, né usi, né opinioni ci potevano, e rimaneva sempre a galla sulla sua físonomia.

La sua voce dissipava dalle fronti quella nube, e tirava tutti nel vivo e nel vero. Non che egli pretendesse di gareggiare co’ compagni in quel genere di argomenti, anzi se ne scusava, ci capiva poco. Andava lá dove lo tirava natura, faceva racconti a effetto irresistibile, dove contraffaceva e caricava, il riso era sulla faccia prima che spuntasse, pareva una festa. Facevano un gran bene questi lavori, ne’ quali aveva compagni Vertunni e Siniscalchi, lasciando nella scuola una impressione sana e vera.

Il suo dire fin da quel tempo aveva tutte le qualitá che lo resero poi potentissimo nel Foro. Se non sempre corretto, era sempre caldo e rapido e colorito, espressione immediata di quel di dentro. La vita espansiva e impetuosa non gli permetteva indugiarsi nella frase e nella maniera, e si rivelava rapidamente di cosa in cosa, piena e sintetica, piú come azione che come parola. In tanta leggerezza di argomenti metteva tutta l’attivitá e tutta la serietá del suo spirito. Lo festeggiavano, lo applaudivano, lo predicavano insuperabile in quelle sue caricature. Ridevano a tenersi i fianchi. E non vedevano quante serie qualitá concorrevano a produrre quel riso, e come sotto a quella apparenza leggiera c’era giá la stoffa dell’oratore e dell’uomo d’azione.

A me piace intrattenermi con questo mio Diomede, cosí come mi è pinto nella memoria. Oramai sono in un tempo della vita, che le cose mi errano intorno come fantasmi, e i piú belli e i pili cari sono i fantasmi della mia giovinezza cosí vivi e tenaci, e non so staccarmi da loro.