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ganica, un contenuto ricco e omogeneo. Questo verrá. Perché, sotto questa apparente svogliatezza, trovo l’antico fondo della nostra gioventú ancora incorrotto: quella ricca immaginazione, quell’amore del sapere, quella febbre delle lettere, quel desiderio di cose nuove. Sono forze altere che tumultuano nel loro ozio. Date a quelle uno scopo chiaro e ben definito, e avrete la disciplina tenace e pacata di forze messe in esercizio.
Cominciai la scuola con questo disegno, di associare i giovani al mio lavoro, e fare che ciascuna lezione fosse il prodotto di un lavoro collettivo. — Spiegherò il soggetto di una lezione, indicherò le indagini, le analisi, i libri da consultare, i materiali da raccogliere, e poi li comporremo, li formeremo, «et lux facta est», e la lezione è fatta. Avremo forse una sola lezione in un mese, ma sará frutto del lavoro collettivo di tutto il mese — . Ciascuna lezione sarebbe stato un avvenimento. I giovani l’avrebbero veduta nascere, formarsi, acquistar colore. Questo è il laboratorio com’io l’intendo. Questa è la scuola normale. Ma vidi subito non esser possibile cominciare cosí. Mancava quella certa uguaglianza di coltura, quella comunione degli spiriti, che renda possibilmente armonico un lavoro collettivo. Di giovani ce n’era troppi, vogliosissimi, con abitudini teatrali, impazienti di sentir cantare il maestro e battergli ls mani. Quando dissi a certuni che avrei fatta una lezione sola al mese, mi guardarono in faccia, come avessi detto un grosso sproposito. Il mio sistema richiedeva una modestia e una pazienza di lavoro troppo lontana dalla scuola accademica, quale ancora è oggi. Mi risolvei dunque di cantare anch’io, lavorando la mia lezione tutto solo ed esponendo a’ giovani i risultati del mio lavoro. Ho dovuto sul principio andare molto adagio, passo passo, e fermarmi a ciascun passo, e tirar bene la loro attenzione su’ passaggi e sul cammino del discorso, e introdurli con molta cautela nelle analisi piú delicate, riassumere, render conto di ciascuna idea, inframmettere teoria e critica, usare forma popolarissima e chiarissima. Cansavo al possibile le formole, le definizioni, le regole troppo meccaniche e assolute; perché i giovani inclinano al dommatismo, e, se possono afferrare una regola o