Pagina:De Sanctis, Francesco – La poesia cavalleresca e scritti vari, 1954 – BEIC 1801106.djvu/309

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sono individui, e non bastano individui colti: dobbiamo avere un popolo colto, e le altre lingue devono essere studiate come il francese, e dal maggior numero.

Oggi cerchiamo provvedere alle lacune dell’educazione del popolo con scuole, dove esso impara l’alfabeto, che è lo strumento con cui acquisterá le cognizioni necessarie. Il Circolo filologico dev’essere la scuola degli adulti per la borghesia, la nostra scuola serale, poiché anche noi dobbiamo colmare delle lacune, acquistare lo strumento per metterci in comunicazione diretta ed immediata con l’Europa, e cercare di non essere piú esercito al séguito di altri.

E poi c’è un’altra veritá, che vi devo dire. In Napoli siamo divisi, non ci conosciamo, ciascun ramo di coltura è organizzato come un campo chiuso. È necessario, per un popolo cosí vivo, avere un luogo di convegno, avere una casa dove convengano gli uomini studiosi. Abbiamo Circoli economici, storici, archeologici, letterari, di tutti i rami speciali della coltura, che a poco a poco isteriliscono ed intisichiscono. Si hanno solo alcune forze, non tutte le forze di Napoli. E il nostro Circolo non è diretto a questo o quel ramo, ma a tutta la coltura, a tutta l’intelligenza napoletana; poiché non c’è ramo di coltura che non abbia bisogno di sapere quel che si pensi, intorno ad esso, in Europa. Niente impedisce, tuttavia, che in mezzo al Circolo si costituiscano sezioni autonome per questo o quello studio speciale.

Cosi avremo mezzo di ottenere quella unione di forze, che è mancata sempre a Napoli, dove abbiamo grandi individualitá, ma divise e disperse dal vento. Le forze, per essere rispettabili, devono essere collettive; e quando ci vedremo riuniti insieme, per amarci, conoscerci, stimarci, sostenerci, ci troveremo molto piú vigorosi di quel che siamo ora, e costituiremo una forza innanzi alla quale cede ogni altra, la forza della coltura e dell’intelligenza. (Applausi) Un po’ di Arcadia è rimasta ancora nelle nostre ossa. Per evitarla, il nostro Circolo non dev’essere di produzione obbligata, non deve riunire soci sonnolenti, condannati a sentire sonetti e canzoni, o letture su cose poco interessanti, a guardare con ansia le pagine che si svolgono lenta-