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42 | la poesia cavalleresca |
solana. Mentre nella vita reale si stava molto alla forma, e vi era sostenutezza, cortesia e que’ riguardi che sollevano la buffoneria al grado d’ironia, l’arte comica divenne pura vile buffoneria; que’ scrittori sembrano gente da taverna, ed oltrepassano qualunque misura o rispetto di forma. Ciò può spiegare perché, anche quando cerca di sollevarsi, il Pulci ricaschi sempre nel triviale.
Rinaldo e Ricciardetto, giunti in Ispagna, capitano a Saragozza. Rinaldo mostra voglia ad Astarotte di visitare l’antica sua innamorata Luciana; dimenticando Roncisvalle, entrano dunque invisibili nella stanza in cui pranzavano Luciana e la madre. La scena potrebbe riuscire spiritosa. Ma null’altro accade se non che il divoramento da parte di Rinaldo delle vivande poste innanzi a Luciana; finché uno starnuto di Ricciardetto non guasti e rompa lo scherzo: scherzo di bassa risma davvero.
Altro esempio. Marsilio, sul punto d’essere appiccato, richiede il battesimo: l’arcivescovo Turpino, che aveva domandato in grazia di fargli da boia, glielo ricusa, acciocché non possa salvarsi l’anima.
Disse Turpin: — Tu ménti per la gola, Ribaldo, appunto qui t’aspettavo io — . |
— Sai che si dice cinque acque perdute: Con che si lava all’asino la testa; L’altra una cosa che infine pur pute; La terza è quella che in mar piove e resta; E dove gente tedesche son sute A mensa, sempre anche perduta è questa; La quinta è quella, ch’io mi perderei A battezzare o marrani o giudei. |
Questo spiega la predilezione che l’autore dimostra per un personaggio che non appartiene regolarmente al poema, che ne