Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/191

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maestro adamo i85


riso è [da una parte] contenuto dal bisogno che sentiamo di non mostrare di accorgerci di quello che egli vorrebbe nascondere, e dall’altra, negli sforzi successivi ch’egli fa, ci è qualcosa di graduato, si che il riso è preparato e si può rattenere. Ma se l’uomo non ha coscienza del suo difetto, egli lo manifesta con una naturalezza, con un improvviso, che non ci lascia tempo a signoreggiarci, ed il riso si propaga in una risata, in un’allegria generale, massime se colui, non comprendendo, fa l’attonito ed il maravigliato. Questi caratteri senza coscienza sono i piú perfetti, come una perfetta bellezza è quella che sgorga spontanea dalla mente dell’artista. Tali sono Sancio Panza e Don Abbondio, che si esprimono con una perfetta, buona fede ed una comica serietá.

Qual è la forma nella quale devono uscir fuori questi caratteri? In natura non si dá brutto né bello perfetto: il difetto è accompagnato con altre qualitá o accidenti repugnanti o indifferenti. Un uomo, se mostra all’improvviso un suo difetto, fa ridere; ma se altri lo imita e lo contraffá, riproducendo il difetto isolato da altre qualitá che l’oscurano, il riso riscoppia piú forte; perché avete innanzi non il difetto naturale e reale, ma il difetto idealizzato e fatto poesia, un vero contro-modello. Questo imitare o contraffare dicesi «caricatura», che è la regina delle forme comiche e la piú difficile. E dico la piú difficile, perché si richiede una vera vocazione comica per caricare il difetto senza oltrepassarlo. E dico la regina delle forme comiche, perché essa è pel brutto quello che l’immagine è per il bello. L’immagine è il pensiero calato e quasi obbliato nel corpo, greca perfezione; se il sentimento si scioglie dall’immagine e si pone come sentimento, se il pensiero si scioglie dall’immagine e dal sentimento e si pone come pensiero avremo forme inferiori dell’arte. La caricatura è il brutto riprodotto come immagine; è la plastica e la statuaria della commedia; è l’immagine non ancora svaporata nella riflessione e nel sentimento; è Socrate insegnante di su una cesta sospesa in aria come in mezzo alle nuvole, perché la plebe ateniese chiamava nebulosa la dottrina di Socrate, come alcuni plebei de’ nostri giorni chiamano nebulose certe dottrine che non comprendono.