Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/20

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i4 primo corso tenuto a torino: lez. ii


ha immessa, il suo viaggio, egli l’ha gittata nell’ombra, ed il veggente sparisce innanzi alla grandezza della visione, sapendo bene quanto ridevole sarebbe stato fare sé centro e protagonista dell’immenso e sostituire un interesse peculiare alla storia del genere umano. Né solo ogni azione è spenta, ma ogni vincolo che collega gli uomini in terra è disciolto. Patria, famiglia, ricchezze, dignitá, titoli, costumi, istituzioni, mode, quanto nella societá è di artificiato e convenzionale, che pure è tanta parte di poesia, sfuma ne’ mondi dell’infinito: l’uomo vi è nudo, Filippo il Bello spogliato della sua porpora e Niccolò III della sua tiara. Onde la severa ed intima natura della poesia dantesca, nella quale, posta giú ogni estrinsechezza, l’uomo comparisce qual è, solo in cospetto della sua anima. Rapito al circolo delle affezioni e degl’interessi terreni, in cui caso o elezione lo aveva collocato, nella societá dell’avvenire egli si trova accanto i suoi simili d’anima, non di vesti o di titoli; e, guardando da questa altezza, noi vediamo cader giú ogni maschera e brillar senza nube quanto nell’umanitá è di eterno. Che cosa dunque rimane all’uomo nel mondo dantesco? Non altro che un sentimento generale di dolore e di gioia, senza successione, senza gradazione, senza contrasto, senza eco, quasi una interiezione: poesia descrittivo-lirica, descrizione di luoghi e di pene puramente esterna, collegata con una lirica indeterminata, piuttosto simile al vago delia musica che alla chiarezza della parola. Tali sono gli effetti fatali, ineluttabili, che nascono dalla situazione; e la gloria di Dante è di essersi lasciato rapire dal suo subbi etto, di averlo compreso e di avervi ubbidito con quella sicurezza istintiva che mai non inganna il poeta: di qui il proprio della sua poesia, che esce da’ cancelli aristotelici e pone in impaccio il Tasso, quando provasi a definirla.

Ma la nostra analisi non è ancora compiuta: andiamo innanzi.

Dante non è solo spettatore, il veggente, come nelle altre visioni: egli è uno degli attori; e la presenza di un uomo vivo nell’altro mondo modifica profondamente la situazione con vantaggio della poesia. Dante vivo penetra nei tre mondi, e porta