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il purgatorio | 273 |
Corsi al palude, e le cannucce e il braco M’impigliar si ch’io caddi, e lá vid’io Delle mie vene farsi in terra laco. |
E se pure affetti appariscono in questi racconti sono affetti gentili, trattenendosi il personaggio sopra i tratti piú commoventi. Cosi la Pia non fa menzione del suo amore, su di cui si trattiene con tanta compiacenza Francesca, non impreca al marito come fa Francesca; lascia indovinare la sua morte, e la sua anima gentile si riposa sul momento in cui il marito le poneva in dito l’anello. Questa maniera di raccontar^ si accosta alla forma didascalica: non sono uomini appassionati: sembra una riunione di uomini savii e tranquilli. Tale è il discorso tra Buonagiunta (canto XXIV) e Dante, dove il poeta coglie con tanto sentimento il fenomeno dell’ispirazione, ed è conscio dell’infinita distanza che lo separa da’ suoi contemporanei. Tale è ancora il discorso di Oderisi (canto XI) sulla vanagloria; giustamente ammirato si per il colorito locale, e si per l’originalitá e sublimitá delle immagini. È un sublime negativo. La gloria vi è paragonata ad un «fiato di vento», al «color dell’erba»; e la lunga durata del nome rispetto all’eternitá è paragonata ad «un muover di ciglia».
L’elemento terreno si congiunge col divino. E prima spunta fuori il pentimento. Ma il pentimento stesso è un passato che le anime non possono piú rifare con la stessa commozione. Tale è il pentimento di Adriano V; tale è quello di Bonconte da Montefeltro (canto V). Il pentimento s’indovina da qualche tratto, che come lampo illumina tutta la scena; come sono i due particolari: «nel nome di Maria finii» e l’altro:
E sciolse al mio petto la croce, Che fei di me quando il dolor mi vinse. |
Il pentimento comparisce in un modo piú distinto nel solo grande personaggio, che s’incontri nel Purgatorio, in Manfredi. La memoria di Manfredi era ancor fresca:
Bello era e biondo e di gentile aspetto. |
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