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esposizione critica della divina commedia | 373 |
Espressione di questo stato è la forma didattica, ravvivata dall’indignazione o dal pentimento: sono nobili e peregrine sentenze sul valore ed il significato della vita, espresse quando con grave semplicitá, quando per via di apostrofi con calore e con forza.
Non v’accorgete voi che noi siam vermi Nati a formar l’angelica farfalla, Che vola alla giustizia senza schermi? Di che l’animo vostro in alto galla? Voi siete quasi entomata in difetto Sí come verme, in cui formazion falla? Non è il mondan romore altro ch’un fiato Di vento, ch’or vien quinci ed or vien quindi, E muta nome, perché muta lato. Chiamavi ’l cielo, e intorno vi si gira. Mostrandovi le sue bellezze eterne, E l’occhio vostro pure a terra mira; Onde vi batte Chi tutto discerne. |
Sembra una conversazione di uomini savi, morti alle antiche passioni ed assennati per lunga esperienza delle cose umane, delle quali ragionino con animo riposato. Nel che non so se è piú da ammirare il poeta per altezza di concetti o per possanza di fantasia. Drizzando la mente all’ultimo termine delle cose ed alla finale destinazione dell’uomo, egli esce dal circolo delle quistioni particolari e si solleva spesso alle prime domande, che in sé comprendono le altre, l’origine del male, il valore morale delle azioni, l’accordo tra la necessitá e la libertá, lumeggiando e colorendo il pensiero con paragoni ed immagini nuove, fresche e spontanee.
Esce di mano a Lui, che la vagheggia Prima che sia, a guisa di fanciulla. Che piangendo e ridendo pargoleggia, L’anima semplicetta, che sa nulla, Salvo che, mossa da lieto fattore, Volentier torna a ciò che la trastulla. |