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janin e la «mirra» | i59 |
i suoi sguardi cercano lei per tema d’incontrarsi in altri sguardi! È sul suo seno ch’ella inchina il capo, trangosciata e lacrimosa.
Ma che?... voi pur dell’orrendo mio stato Piangete? Oh madre amata!... entro il tuo seno Ch’io, suggendo tue lacrime, conceda Un breve sfogo anche alle mie!... |
Ma il padre! al primo vederlo rimane atterrita.
Oh ciel! che veggo? Anco il padre!... |
Né si risolve a parlargli, e sospira e tiene gli occhi a terra e impallidisce.
. . . . . . Signor... |
ella dice esitando e si arresta.
Tu mal cominci; a te non sono Signor; padre son io: puoi tu chiamarmi Con altro nome, o figlia? |
Ma tanta tenerezza l’empie di tremore, né mai è ch’ella si attenti di chiamarlo padre o di volger la parola a lui solo. Noi assistiamo all’ultima prova di Mirra. Descritto pietosamente il suo stato, ella ottiene da’ genitori che le nozze si stringano subito, che subito si parta; ed il terzo atto finisce in una falsa calma. Sono imminenti le nozze; Mirra empie di dolce speranza il suo sposo; ella serena, tutto il cielo si rasserena intorno, e lo spettatore con lei dimentica quasi la misteriosa tempesta che pur testé le si agitava nell’animo, e corre con la fantasia appresso a lei in altri paesi, fra nuovi mari e nuovi regni, lontano da’ consueti oggetti
. . . . . . a lungo stati Testimon del suo pianto e cagion forse. |