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252 saggi critici

non lo dimentichi piú. Quanti accidenti nel Viaggio sentimentale; Come son ben trovati! Quanto varii! Ciascuno ti dipinge un carattere, ti descrive un costume.

Ben l’autore ha fatto entrare, nel suo Viaggio, un racconto ed una visione, dove s’innalza a piú alta e seria intenzione artistica; ma l’esecuzione parmi inferiore al concetto. Nel racconto vi sono situazioni stupende, ma trattate con impaziente leggerezza. Certo, è meglio una naturalezza abbandonata, che una pretenziosa gonfiezza; è minor difetto, ma è difetto. E che l’autore sia capace di meglio, si può inferire da non pochi tratti, pieni di semplicitá e di veritá. Eccone uno. «Eravamo soli, pieni d’amore e nel rigoglio della gioventú. Arrigo allora mi avvinghiò, con ambedue le braccia, e mi baciò sulla bocca, e le sue labbra tremavano, e noi fummo vinti.» Questo ricorda Francesca da Rimini. Il Viaggio di Bonamici è uno de’ primi tentativi di questo genere, in Italia; e, per alcuni pregi, è degno della pubblica attenzione. L’autore non solo si è nascosto sotto un finto nome; ma sembra che abbia abbandonato il suo libro alla ventura, a giudicarne dal silenzio della stampa. La stampa è come la donna: vuol essere pregata e supplicata. Io l’ho letto, e mi è piaciuto. Vi manca quella serietá di fondo, quella vita interiore, che dá ad un lavoro il suggello della immortalitá; ma vi sono, come ho mostrato, alcune qualitá, ancorché secondarie, che rilevano, in lui, un’attitudine a qualche cosa di meglio. Meritava, dunque, che il suo libro si leggesse e si esaminasse. Veramente, ci è da gettar via la penna e dimenticarsi di leggere pensando alla fredda indifferenza con cui sono accolti oggi i lavori dell’ingegno: non dico rimunerati ch’è peggio.

Ma che farci? Bisogna darsene pace. Oggi, un incontro di otto zuavi con quindici cosacchi fa piú parlare che l’annunzio di un dramma o di un poema.

[Nel «Piemonte», a. II, n. 2, 2 gennaio i856.]