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«clelia o la plutomania» di gattinelli 307

ed Hegel e Gioberti e tutta la mia scienza, e sto 11 confuso ed impacciato, incapace di rispondere altro, se non che: — Ho riso; ho pianto. — Vuoi tu, o critico, giudicare bene? Conserva questa facoltá preziosa, conservati uomo; e guardati soprattutto dalle tue teoriche, che, scisse dal sentimento, sono vuote e morte astrazioni.

La scienza critica è fondata sulla veritá e freschezza delle prime impressioni, che tu devi riandare ed esaminare diligentemente. Siccome la poetica non può tener luogo del genio, cosí la critica non può tener luogo del gusto; ed il gusto è il genio del critico. Si dice che il poeta nasce; anche il critico nasce; anche nel critico ci è una parte geniale, che gli dee dar la natura.

Nella Clelia ci sono alcune parti patetiche, ma la Ristori (Clelia), il Boccomini (Vittorio) ed il Gattinelli (Maurizio) hanno pianto soli e troppo; noi ci siamo rimasi indifferenti. Al contrario, si è riso dall’un capo all’altro; né ci è stato un solo momento che si sia sentito noia o stanchezza, salvo nelle parti serie. Certo, vi sono stati alcuni visi arcigni, alcuni uomini severi, ne’ quali certi motti, che faceano ridere attorno, generavano disgusto; i quali aggrottavano le ciglia e gridavano — oh! oh!,— a gran dispetto di Bellotti Bon, messo in terzo a far ridere, quando la Ristori e Boccomini aveano voglia di piangere. Sono dissonanze incidentali e perdonabili; ma la commedia, nel suo insieme, è stata udita con diletto, ed ha prodotto alcune volte una certa espansione di allegria.

Tale è l’impressione. Io posso ora raccogliermi in me stesso: riflettermi su di essa e determinarne il valore. Mi son subito domandato, se l’impressione prodotta sul pubblico avèa un carattere estetico. Mi spiego. Si è riso. Ma anche il saltimbanco fa ridere; anche tanti melensi in tante conversazioni; anche le scimmie fanno ridere co’ loro attucci, con le loro boccacce. Perché dal riso si possa inferire la bontá di un lavoro comico, è mestieri che il riso esprima la soddisfazione della nostra facoltá artistica, o, in altre parole, che abbia un valore estetico: che svegli la nostra immaginazione e la renda operosa.