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«satana e le grazie» di g. prati 85

donne vane che cadono nel male, l’Olimpo e l’Aracinto e Venere e Giove e tutto ciò che vi è di epico, vi sta a pigione, e non è che rettorica, ornamento poetico: che necessitá vi è che queste donne sieno le Grazie? E non debbono al contrario essere donne, come i tre giusti, che simboleggiano l’uomo, sono uomini? Qui la loro divinitá non ha niente che farci. Ma se elle son dee, che diventano donne, la poesia sta tutta nel saper cogliere il passaggio dal divino nell’umano, dal celeste nel terrestre in tutte le sue delicate gradazioni, cioè a dire, nel rappresentare la morte dell’antica mitologia innanzi alla coscienza di un Dio spirituale: concezione cristianissima e novissima, alla cui epica altezza deve rimanere estraneo l’assassinio, la forca e il tribunale. Questa confusione di concetti fa che l’epopea è qui falsata ed affogata nel suo germe dalla novella; ma vi è almeno la novella?

La leggenda moderna sopravvenuta alla novella deve contenerla in sé: a quel candore natio d’ingenua rappresentazione esteriore dell’antica leggenda non possibile a raggiungere deve ella supplire col vivo e vario giuoco delle passioni. Volete voi estrinsecarmi queste passioni in esseri soprannaturali? Sta bene. Ma voi sapete che questi esseri non sono in fondo che le stesse nostre passioni; e questa coscienza deve apparire nella vostra rappresentazione. La passione, il carattere, la personalitá deve pure manifestarsi negli esseri soprannaturali: altrimenti avremo simboli, e non idoli, non creature poetiche. Pure, finché la lotta rimane in regioni superiori fra potenze soprannaturali, il fantastico ed il maraviglioso può, fino ad un certo segno, bastare a sé stesso. Ma qui la lotta, iniziata in alto, discende in terra, ed entrano in iscena tre uomini, che mangiano e bevono e dormono e vestono panni: qui nella leggenda penetra la novella con tutte le sue condizioni estetiche. E qual novella! Sono tre uomini virtuosi che dall’amore sono balestrati ad un tratto nella via del male fino all’assassinio; e nondimeno l’amore li acceca senza depravare la loro anima e cancellarvi ogni vestigio del giusto. Giace in fondo al loro cuore l’uomo antico, che, dopo il delitto e il disinganno, si risveglia nel rimorso e si purifica nel pentimento; onde meritano di essere riscattati dal de-