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Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/11

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«fedra» di racine 5


Racine, esce in mezzo un quarto, ha tolto molte situazioni da Euripide; egli è un plagiario. — E non vede che i fatti materiali e le situazioni sono la materia ancor grezza e inorganica, che il poeta può prendere dove la trova, nella sua fantasia, ne’ libri, nella natura. Immaginare delle situazioni è da tutti; ma fin lá non mi avete fatto ancor nulla; non c’è ancora poesia.

Tutte queste osservazioni appartengono ad una critica, invecchiata ch’è giá molto tempo. Coloro che considerano nella Fedra ciò che vi è di antico e di moderno nella concezione, seguono un sistema critico men vecchio, ma non meno parziale ed insufficiente. Ecco uri magnifico lavoro di architettura. E voi mi dite sentenziosamente: — Guardate; è una cattedrale di stile gotico — . Gran mercé! Ma ci sono cattedrali pessime, mediocri e bellissime. E parimente una concezione può esser moderna e cristiana, e insieme sciocca, mediocre. Non basta il dire: — Aricia è una concezione moderna e cristiana — ; ciò che piú importa è di sapere se Aricia sia una creatura poetica. La qualificazione di moderno e cristiano può esser buona a classificare un lavoro, non a determinare la sua eccellenza.

Ecco una ipotesi che mostrerá meglio la vanitá di queste osservazioni. Poniamo che una tragedia sia fondata su di una concezione moderna e cristiana, originale, probabile, morale; sará perciò una buona tragedia? E se no, la vostra critica è dunque insufficiente, senza scopo, inetta a determinarmi, in che è posta la bontá di un lavoro d’arte.

Sceglierò un illustre esempio. Guglielmo Schlegel ha scritto un lungo giudizio sulla Fedra greca e francese, intitolato: Comparaison des deux Phèdre. È un lavoro fatto con quella serietá ed accuratezza che è pregio de’ critici tedeschi, e vi sono trattate molte quistioni importanti, e confutate alcune false opinioni. Tra l’altro, è degno di nota ciò che dice del fondo molale e religioso del dramma greco, e la sua confutazione di un pregiudizio molto comune a’ suoi tempi, ed anche oggi, che nella tragedia, per conseguire lo scopo morale, gli scellerati debbano essere puniti e premiati i buoni. Se consideriamo il suo giudizio per rispetto alla critica antecedente, vi è certo un gran progresso. Quando Laharpe affermava che «Racine a partout