Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/174

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troppo borghese. Lucrezia fa aspettare un po’ la risposta: cosí si desta l’aspettazione degli spettatori. Dopo una pausa:

                          .  .  .  .  — Moi-même, et je porte mon deuil,
Le deuil de mon honneur — .
                    
Vedete che Lucrezia si ricorda di tutta la domanda e vi risponde punto per punto. Peccato che abbia dimenticato i capelli sparsi e gli occhi a terra. Ma qualche cosa bisognava pur lasciare all’ intelligenza del padre. Credete ora che Lucrezia si abbandoni all’ impeto del dolore e si sfoghi, come farebbe una donna in cui la passione trabocchi? Oibò! La povera donna non può parlare e bisogna tirarle le parole di bocca. Comincia il marito:
                          Lucrèce, quel langage!                     

Non so se ci sia niente di piú comico che questo ingresso trionfale del marito in iscena. Le fanno ressa intorno. La sibilla riapre la bocca:

                                                                       Morte est l’épouse.                     
Lucrezia parla da oracolo, vorrebbe far comprendere a quelle teste grosse di che si tratta; ma poiché le trova piú dure di una balena, forza è pur che si spieghi.
                                                                                                Qu’ importe
Que le corps soit vivant, quand la pudeur est morte?
                    
Capisci ora, imbecille?
                          Tu n’as devant les yeux qu’un corps déshonoré.
Pourtant mon âme est pure.
                    

Nel latino la violenza patita dal corpo, che il francese chiama «disonore del corpo», è un incidente, e vi succede immediata-