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francesca da rimini | 249 |
Ma se a conoscer la prima radice Del nostro amor tu hai cotanto affetto. |
e i comentatori notano: — Affetto qui è figura rettorica, e significa desiderio! — . Gente senza cuore e grossolana, che guasta ogni piú delicata bellezza di sentimento. Quando Francesca, sforzando la grammatica, dice «affetto», non è giá il desiderio che Dante abbia di conoscere la sua storia che le si presenta immediatamente innanzi, ma l’affetto col quale esprime il suo desiderio, non avendo potuto sfuggire a quell’anima delicata il modo commovente col quale Dante chiamandola per nome disse:
. . . . . Francesca, i tuoi martiri A lacrimar mi fanno tristo e pio. |
E tutto in quest’immagine è cosí fine e delicato. Morire, per Francesca, è perdere «la bella persona» che piaceva tanto a Paolo; melanconico pensiero di donna e d’innamorata, raddolcito da quest’altro pensiero sopraggiunto ch’ella morí insieme con lui: fu «una morte». Amore fu per Paolo necessitá di core gentile e per lei necessitá di donna amata.
Amor che a cor gentil ratto s’apprende... Amor ch’a nullo amato amar perdona... Amor condusse noi ad una morte. |
In questi tre versi ammirabili c’è tutto l’eterno romanzo dell’amore, come comparisce alla donna, Questa Francesca è tanto gentile che, quando dee esprimere una cosa che dispiaccia e desti disdegno, dice il fatto nudo e breve senza qualificare, come:
Caina attende chi in vita ci spense... Galeotto fu il libro e chi lo scrisse. |
Anche dicendo cose indifferenti, ci mette non so che molle e soave, che rivela animo nobile e delicato. Quest’effetto producono i celebri versi: