Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/99

Da Wikisource.

dell’argomento della «divina commedia» 93


È un mondo perfetto, l’ultima parola di Dio, la creazione finale a sua immagine, dove la materia è affatto doma dallo spinto. Non ci hai accidente, né mistero, né opposizione, né contraddizione. Tutto è determinato, tutto è misurato secondo una logica prestabilita e visibile, secondo T idea morale. Non ci è più reale ed ideale, i due termini diventano identici. Onde nasce che l’arte non può sottoporsi perfettamente questo mondo figlio del pensiero puro e consapevole della sua origine. Al di sopra della forma persiste il pensiero, e tutti gli sforzi del poeta non bastano a sradicare questo fondo prosaico. La poesia, figlia del cielo, dee calare in terra e prender corpo. Qui lascia la terra, si mette al di sopra dell’umano, al di sopra della storia, si scorpora, si spiritualizza, si fa immobile come una cifra, si fa scienza.

Il poeta non coglie il mondo nel suo immediato, ma dee costruirlo egli stesso secondo i concetti teologici e filosofici, secondo Aristotile e san Tommaso. Prima di essere il poeta, dee essere il filosofo e l’architetto del suo mondo.

La natura non è qui l’opera misteriosa di Dio, Iside velata. Non hai piú il fenomeno fuggevole, che col poco che ti mostra ti fa intravedere un ignoto di lá, non raggiunto e non raggiungibile mai: in che è il massimo incanto della poesia. Qui apparenza e sostanza è tutt’uno; sei nel regno del vero. Il velo è trasparente; i pudibondi secreti della natura, le mezze tinte, i chiaroscuri, le false e le mezze apparenze, i contrasti, l’accidente, tutto questo è distrutto. La natura in terra soprastá indifferente al vario gioco delle umane passioni: disaccordo che l’arte cerca talora di vincere chiamandola con appassionata illusione a parte delle nostre gioie e de’ nostri dolori, e che talora accetta come espressione di una disarmonia piú alta, dell’indifferenza del Fato alle umane miserie.

                                    .  .  .  .  .  Roma antica ruina
Tu si placida sei?
                              

Qui il disaccordo è cessato, la natura diviene il teatro, che il poeta accomoda alla rappresentazione, una immagine perfetta