Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/10

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pena alla superficie, sotto alla quale rimasero in calma sonnolenta e stupida le popolazioni. Anche oggi sono di quelli che credono il cattolicismo e il papato salute o perdizione d’Italia: ma sono opinioni oziose, che non lasciano traccia durabile sulle moltitudini: il Concilio ecumenico, che pure in altre parti di Europa solleva cosí vivi odii e speranze, presso di noi non suscita né energiche opposizioni, né gagliardi consensi.

La corruttela de’ costumi era l’apparenza piú grossolana del male che travagliava l’Italia e rendeva inevitabile la catastrofe. Quell’apparenza fu presa per il male esso medesimo, e gli uni ne davano colpa al paganesimo e agli studii classici, gli altri alla Corte di Roma, pietra di scandalo, e non pensavano che quella corruttela del papato e quel paganeggiare delle classi intelligenti e degli stessi papi erano anche parte del problema: fenomeni ed effetti che non spiegavano nulla, e volevano essere spiegati loro.

Ma gli uomini politici vedevano la quistione sotto aspetto piú determinato. Poca speranza avevano ne’ tardi frutti che potessero venire da una riforma religiosa e morale, e non credevano a papa né a Cristo, e schernivano i profeti «disarmati». A loro era chiaro che l’Italia divisa e debole d’armi mal poteva resistere a’ barbari: qui era il pericolo, e qui ci voleva il rimedio. Molto li preoccupavano le discordie intestine fra’ cittadini, fra le citta, fra gli Stati, e cercavano un sistema di «equilibrio», che desse sátisfazione a tutte le classi, mantenendo ordine e concordia al di dentro, e legasse i grandi Stati italiani con reciproca malleveria contro gli assalti che venissero dal di fuori. Fa stupire quanti sottili trovati pullulassero in quei cervelli acuti per ordinare in modo lo Stato che si ottenesse il desiderato equilibrio, quando giá lo straniero era a casa e lasciava per sua misericordia disputare se i partiti si avessero a vincere per le piú fave o alla metá delle fave. Né erano meno sottili i giudizi sulle condizioni e sulle forze degli Stati, sulle inclinazioni, le passioni e gl’interessi de’ principi, e sulle varie combinazioni delle alleanze, con una finezza di osservazione e di analisi che desidero in molti documenti della diplo-