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zola e l’«assommoir» 293


E non è meno potente, in questa evoluzione, lo stile, che è impersonale, stile delle cose. La materia è calda da sé; non le è bisogno sguardo d’artista. Abbellimenti, belletti, perifrasi, figure, questo dizionario delle vecchie forme qui non ha lasciato alcun vestigio. Col tipo è andata via ogni esagerazione di frase. L’artista, colla sua morbosa ingerenza, non è piú il prete, posto lí fra l’uomo e Dio; il lettore entra in comunione immediata colla cosa. E non perciò manca l’ideale. Gli è solo che l’ideale non nasce da una vita artistica soprapposta e mescolata con la vita naturale. L’ideale è nelle cose, dalle quali escono lampi e guizzi di sentimenti umani. In questo mondo dove l’uomo scompare e la bestia appare, sono interessantissimi i pochi e rari e fuggitivi sprazzi umani, non accompagnati, non sviluppati dalla presenza dell’artista: sarebbe una profanazione.

Prendiamo qualche esempio. Nella stanza dell’albergo Boncoeur, in mezzo alla desolazione, al presentimento dell’abbandono, un raggio di sole penetra illuminando. Mentre il pianto e i singhiozzi soffocano la madre, due bambini dormono nel riso della pace. Un poeta direbbe subito che quel raggio di sole e quella celeste pace è un’ironia. Zola non dice nulla. È la cosa che parla sola. C’è anche Lalia, fanciulla di otto anni, che ha visto morire la mamma sotto le mazzate del padre ubbriaco, che prende anche lei ciascuna sera le frustate dell’ubbriachezza, che fa da mammina lei alle due piccole sorelline, ed è tutto ordine, tutto nettezza, tutto previdenza; e non ha altra espressione dell’anima se non due occhi neri, pensosi, che talora ingrandisce quando alcuna cosa esce dall’abitudine e la sorprende. Oramai è usa al puzzo dell’acquivite, foriero delle frustate. Ma una sera entra la buona Gervasia, che talora le era scudo contro il padre, e sente l’acquavite, la sente dalla bocca di Gervasia, e ingrandisce quegli occhi neri pensosi. Quanta materia di osservazione, quanta commozione in quella Lalia, che non parla e guarda. Questo è l’ideale delle cose. (applausi)

E ci è anche come un filo d’argento in questa trama verminosa; ci è come una traccia ideale dal principio all’ultimo. Goujet è un bravo operaio, cresciuto innanzi al senno, di-