Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/373

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nota 367


che è Fede. La vita è un inferno che la Scienza di grado in grado trasforma in paradiso. E il Paradiso è l’immagine, il simbolo della Monarchia universale, il regno della pace e della giustizia, la vita dove infine la Scienza riconosce sé stessa. Ma la vita, come la Fortuna, continua il suo corso beata, «e ciò non ode». Pur venne un tempo, che fu detto il Risorgimento, e la scienza credette davvero di poter ristaurare la vita. La scienza si chiamava Machiavelli, Campanella, Sarpi; e la vita fu Cesare Borgia, Leone decimo e Filippo secondo. I pensieri rimasero pensieri, e i fatti rimasero fatti.

Pur si può dire: — Voi adducete esempii, ma gli esempii non sono principii, né da quello che è stato si può inferire con sicurezza quello che sará. Andate avanti. Tirate fino al secolo decimottavo —

E in veritá, la Scienza in quel secolo opera come religione, diviene un apostolato, si propaga ne’ popoli, trova il suo centro di espansione nello spirito francese, e provoca un movimento memorabile, di cui oggi ancora continuano le oscillazioni. Nasce una nuova societá, si forma una nuova vita: la scienza ha anche lei i suoi apostoli, i suoi martiri, i suoi legislatori, il suo catechismo, e penetra dappertutto, nella religione, nella morale, nel diritto, nell’arte, ne’ sistemi politici, economici, amministrativi, s’ infiltra in tutte le istituzioni sociali. Ma era scienza e operò come scienza. Credette che rinnovare la vita fosse il medesimo che rinnovare le idee, e conoscere fosse il medesimo che potere. Applicò la sua logica alla vita, fatale e implacabile, come una conseguenza, date le premesse. Cercò le premesse non nelle condizioni reali ed effettive della vita, ma ne’ suoi principii e nelle sue forinole. Avvezza a trattare il mondo meccanico come cosa sua, trattò l’organismo sociale come un meccanismo, e trattò gli uomini come pedine, eh’ ella potesse disporre qua e lá secondo i suoi fini. Credette a sé sola; credette poter lei bastare alla vita, esser lei tutta la vita. Concepí la vita come fosse un ideale scientifico, e tutto guardando attraverso a quell’ ideale, indeboli, volendo perfezionarli, tutti gli organismi sociali, religione, arte, societá, e lo stato e la famiglia. Quando la vita cosí conculcata reagi, ella in nome della libertá uccise la libertá, in nome della natura snaturò gli uomini, e volendo per forza renderli uguali e fratelli, indeboli tutt’i vincoli sociali, ebbe a tipo lo stato selvaggio, che chiamò stato di natura, fece l’uomo lupo all’uomo. Era la scienza e divenne la forza. Era la cima della piramide umana, e calpestò la base, e la base un bel di fe’ una scrollatina e s’inghiotti la cima. Cosi sparve il regno della filosofia; la vita si vendicò e la chiamò per disprezzo l’ideologia; si credette un po’ meno alle idee, e un po’ piú alle cose. Piú viva era stata la fede nella scienza, piú acerbo fu il disinganno. E se ne cavò questa dura veritá: la scienza non è la vita; conoscere non è potere.

Giá Vico, il Precursore, l’aveva annunziata alle genti. Studiando la vita nella storia, piú nelle cose che nelle idee, aveva notato questo fatto importante, che l’intelletto comparisce ultimo nella vita, e piú conosce,