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L’UOMO DEL GUICCIARDINI


La pubblicazione delle Opere inedite del Guicciardini fu uno di quei fatti che avrebbe dovuto dare grande impulso a’ nostri studii storici. Sono di tali scoperte che basterebbero da sé a creare un intero ciclo di critica storica: tanta copia vi si trova di notizie, con quelle riflessioni e impressioni che le rendono vive e irraggiano di nuova luce tutto un secolo.

E si tratta di un secolo intorno al quale si è piú scritto e meno compreso: di un secolo chiamato del risorgimento, e che fu pur quello della nostra decadenza. Il problema storico di quell’epoca non mi pare sia stato ancora posto e discusso e svolto con grande esattezza.

Il problema è questo. L’Italia a quel tempo era salita al piú alto grado di potenza, di ricchezza e di gloria, e nelle arti e nelle lettere e nelle scienze toccava giá quel segno a cui poche nazioni e privilegiate sogliono giungere, e da cui erano allora lontanissime le altre nazioni, ch’ella chiamava con romana superbia «i barbari». Eppure, al primo urto di questi «barbari», l’Italia, come per improvvisa rovina, crollò, e fu cancellata dal numero delle nazioni.

E i barbari gittarono di nuovo il grido selvaggio: — Guai a’ vinti! — . E non solo li calcarono, ma li dileggiarono, trattandoli come non fossero uomini e riempiendo il mondo di querele e di rimproveri della perfidia e della viltá italiana.

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De Sanctis, Saggi critici.-iii