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vii. situazioni petrarchesche | i23 |
Laura, che ha diviso in tre canzoni, chiamate le tre sorelle1.
Quasi ciascuna poesia del Petrarca ha un’occasione, un impulso venuto dal di fuori; per riscaldarsi ha bisogno di vedere il
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Perché la vita è breve,
E l’ingegno paventa all’alta impresa.
Né di lui né di lei molto mi fido;
Ma spero che sia intesa
Lá dov’io bramo e lá dov’esser deve
La doglia mia, la qual tacendo i’ grido,
Occhi leggiadri, dov’Amor fa nido.
A voi rivolgo il mio debile stile
Pigro da sé, ma ’l gran piacer lo sprona;
E chi di voi ragiona,
Tien dal suggetto un abito gentile,
Che con l’ale amorose
Levando, il parte d’ogni pensier vile.
Con queste alzato vengo a dire or cose
C’ho portate nel cor gran tempo ascose.
Non perch’io non m’avveggia
Quanto mia laude è ingiuriosa a voi;
Ma contrastar non posso al gran desio
Lo quale è in me dappoi
Ch’i’ vidi quel che pensier non pareggia,
Non che l’agguagli altrui parlar o mio.
Principio del mio dolce stato rio.
Altri che voi so ben che non m’intende.
Quando agli ardenti rai neve divegno,
Vostro gentile sdegno
Forse ch’allor mia indegnitate offende.
O. se questa temenza
Non temprasse l’arsura che m’incende,
Reato venir men! che ’n lor presenza
M’è piú taro il morir, che ’l viver senza.
Dunque, ch’i’ non mi sfaccia,
Si frale oggetto a si possente foco.
Non è proprio valor che me ne scampi:
Ma la paura un poco,
Che ’l sangue vago per le vene agghiaccia,
Risalda ’l cor, perché piú tempo avvampi.
O poggi, o valli, o fiumi, o selve, o campi,
O testimon della mia grave vita.
Quante volte m’udiste chiamar Morte!
Ahi dolorosa sorte!
Io star mi strugge, e ’l fuggir non m’aita.
Ma, se maggior paura
Non m’affrenasse, via corta e spedita
Trarrebbe a fin quest’aspra pena e dura:
E la colpa è di tal che non ha cura.