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i28 | saggio critico sul petrarca |
e, come non hanno trovato un centro intorno a cui raggrupparsi e comporsi, fluttuano nello spazio a guisa di atomi erranti, che vorrebbero unirsi e non hanno ancora la forza d’at-
Dico: se ’n quella etate Ch’ai ver onor fur gli animi sí accesi, L’industria d’alquanti uomini s’avvolse Per diversi paesi. Poggi ed onde passando; e l’onorate Cose cercando, il piú bel fior ne colse; Poi che Dio e Natura ed Amor volse Locar compitamente ogni virtute In quei be’ lumi, ond’io gioioso vivo. Questo e quell’altro rivo Non conven ch’i’ trapasse e terra mute; A lor sempre ricorro, Come a fontana d’ogni mia salute; E quando a morte desiando corro. Sol di lor vista al mio stato soccorro. Come a forza di venti Stanco nocchier di notte alza la testa A’ duo lumi c’ha sempre il nostro polo; Cosi nella tempesta Ch’i’ sostegno d’amor, gli occhi lucenti Sono il mio segno e ’l mio conforto solo. Lasso, ma troppo è piò quel ch’io ne ’nvolo Or quinci, or quindi, com’Amor m’informa, Che quel che vien da grazioso dono. E quel poco ch’i’ sono Mi fa di loro una perpetua norma: Poi ch’io li vidi in prima, Senza lor a ben far non mossi un’orma: Cosí gli ho di me posti in su la cima; Che ’l mio valor per sé falso s’estima. I’ non poria giammai Immaginar, non che narrar, gli effetti, Che nel mio cor gli occhi soavi fanno. Tutti gli altri diletti Di questa vita ho per minori assai; E tutt’altre bellezze indietro vanno. Pace tranquilla, senza alcuno affanno, Simile a quella che nel Cielo eterna. Move dal lor innamorato riso. Cosí vedess’io fiso Cora’Amor dolcemente gli governa, Sol un giorno da presso, Senza volger giammai rota superna; Né pensassi d’altrui né di me stesso; E ’l batter gli occhi miei non fosse spesso. |