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vii - la «commedia» 185


a un tempo, simbolo esso stesso e immagine del peccato che flagella nell’uomo. Il Satana di Milton e Mefistofele, che combattono contro di Dio e contro l’uomo, sono compiute persone poetiche. Altra è qui la situazione, e altro è il demonio. Esso è il vinto di Dio, e meno che uomo, perché non è dell’uomo che una sua pane sola, il peccato. È piuttosto tipo, specie, simbolo, che persona. È il piú basso gradino nella scala degli esseri spirituali, lo spirito tra l’umano e il bestiale, in cui l’intelletto è ancora istinto e la volontá è ancora appetito. Figure vive e mobili della colpa, ma figure, semplice esterioritá: non carattere, non passione, non intelligenza, non volontá. Fra gl’incontinenti e i violenti il demonio è tragico e serio: è azione mimica e tutta esterna, passione tradotta in moti e gesti, senza la parola, salvo brevi imprecazioni. La natura ti di figura e colore: qui la figura si muove e il colore si anima; è la figura in azione. Il poeta ha scossa la polvere dalle antiche forme pagane, e le ha rifatte e rinnovate. Come, a costruire il suo inferno, toglie alla terra le sue forme e, strappandole dal circolo loro assegnato, le compone diversamente e ti crea una nuova natura; cosí, ad esprimere lo spirito, toglie dalla mitologia tutte le forme demoniache, Minos, Caronte, Cerbero, Pluto, Gerione, le arpie, le furie, e le trasporta nel suo inferno: le trova vuote e libere, spogliate di concetto, di vita e di religione; e le ricrea, le battezza, impressovi sopra il suo pensiero e la sua religione. Il demonio meno lontano dall’uomo è Caronte, in cui vien fuori l’apparenza di un carattere: impaziente, rissoso, manesco, che grida e batte. Il poeta si è ben guardato di sviluppare il comico che è in questo carattere: la figura di Caronte rimane severa e grave, e non fa dissonanza con la solennitá della natura infernale dove si trova collocata. Minos è il giudizio rappresentato in modo allatto esteriore e plastico, e rapido come saetta:

                                         Dicono ed odono, e poi son giú vòlte.      
Le altre figure sono schizzi appena disegnati: ingegnoso è il ritratto di Gerione, che ha ispirato una delle piú belle ottave

dell’Ariosto.