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vii - la «commedia» | 233 |
e di pace. È vita d’odio e di vana scienza, e provoca le collere e i sarcasmi de’ celesti.
Il contrapposto è còlto in alcuni momenti altamente poetici. Accolto nel sole gloriosamente allato a Beatrice, si affaccia al poeta tutta la vanitá delle cure terrestri:
O insensata cura de’ mortali, quanto son difettivi sillogismi quei che ti fanno in basso batter l’ali! Chi dietro a iura, e chi ad aforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, e chi ’n rubar, e chi ’n civil negozio, chi nel diletto della carne involto s’affaticava, e chi si dava all’ozio. |
Un altro momento di alta poesia è quando il poeta dall’alto delle stelle fisse guarda alla terra:
... E vidi questo globo tal, ch’io sorrisi del suo vii sembiante. |
La terra, «che ci fa tanto feroci», veduta dal cielo, gli pare un’aiuola. Il concetto (abbellito e allargato dal Tasso) ha qui una severitá di esecuzione quasi ieratica. Il poeta si sente giá cittadino del cielo, e guarda cosí di passata e con appena un sorriso a tanta viltá di sembiante, volgendone immediatamente l’occhio e mirando in Beatrice:
L’aiuola, che ci fa tanto feroci, volgendola’ io con gli eterni gemelli, tutta m’apparve da’ colli alle foci: poscia rivolsi gli occhi agli occhi belli. |
Pure è quest’aiuola che desta nel seno de’ beati varietá di sentimenti e di passioni, facendo vibrar nuove corde. Accanto all’inno spunta la satira in tutte le sue gradazioni: il frizzo, la caricatura, l’ironia, il sarcasmo. Qual frizzo che l’allusione di Carlo Martello, cosí pungente nella sua generalitá:
E fanno re di tal ch’è da sermone! |