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xv - machiavelli 85


la conseguenza, ma la forza morale, che ci tenga stretti intorno ad una idea e risoluti a vivere e a morire per quella.

Machiavelli ebbe una coscienza chiarissima di questa decadenza o, com’egli diceva, «corruttela»:


Qui — scrive — è virtú grande nelle membra, quando la non mancasse ne’ capi. Specchiatevi nei duelli e nei congressi de’ pochi, quanto gl’ italiani siano superiori con le forze, con la destrezza, con l’ingegno.


Pure l’Italia era corrotta, perché difettiva di forze morali, e perciò di un degno scopo che riempisse di sé la coscienza nazionale. Di lui è questo grande concetto: che il nerbo della guerra non sono i danari né le fortezze né i soldati, ma le forze morali o, com’egli dice, il patriottismo e la disciplina. Di quella corruzione italiana la principal causa era il pervertimento religioso. Abbiamo di lui queste memorabili parole, di cui Lutero era il comento:


La... religione, se nei principi della repubblica cristiana si fusse mantenuta secondo che dal datore d’essa ne fu ordinato, sarebbero gli Stati e le repubbliche piú unite e piú felici assai ch’elle non sono. Né si può fare altra maggiore coniettura della declinazione d’essa, quanto è vedere come quelli popoli che sono piú propinqui alla Chiesa romana, capo della religione nostra, hanno meno religione. E chi considerasse i fondamenti suoi e vedesse l’uso presente quanto è diverso da quelli, giudicherebbe esser propinquo senza dubbio o la rovina o il flagello.


Certo, non è ufficio grato dire dolorose veritá al proprio paese, ma è un dovere di cui l’illustre uomo sente tutta la grandezza:


Chi nasce in Italia e in Grecia, e non sia divenuto in Italia oltramontano e in Grecia turco, ha ragione di biasimare i tempi suoi.


Per lui è questo una sacra missione, un atto di patriottismo. Il suo sguardo abbraccia tutta la storia del mondo. Vede tanta gloria in Assiria, in Media, in Persia, in Grecia, in Italia e Roma. Celebra il regno de’ franchi, il regno de’ turchi, quello del soldano e le geste della «setta saracina», e le virtú «de’