Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1962 – BEIC 1808914.djvu/100

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sentire, e che tutta la loro vita fosse esteriore, come la vita teatrale in certi tempi è stata tutta nelle gole de’ cantanti e nelle gambe delle ballerine. Queste erano le commedie dette «d’intreccio», sullo stesso stampo delle novelle.

A prima vista, ti pare alcuna cosa di simile la Mandragola. Anche ivi è grande varietá d’intreccio, con accidenti i piu comici e piú strani. Ma niente è lasciato al caso. Machiavelli concepisce la commedia come ha concepito la storia. Il suo mondo comico è un gioco di forze, dotate ciascuna di qualitá proprie, che debbono condurre inevitabilmente al tale risultato. L’ interesse è perciò tutto nei caratteri e nel loro sviluppo. Il protagonista è il solito marito sciocco. Il suo Calandrino o Calandro è il dottor Nicia, uomo istrutto e che sa di latino, gabbato facilmente da uomini che hanno minor dottrina di lui ma piú pratica del mondo. Ci è giá qui un concetto assai piú profondo che non è in Calandro : si sente il gran pensatore. L’obbiettivo dell’azione comica è la moglie, virtuosissima e prudentissima donna, vera Lucrezia. E si tratta di vincerla non con la forza, ma con l’astuzia. Gli antecedenti sono simili a quelli della Lucrezia romana. Callimaco, come Sesto, sente vantar la sua bellezza, e lascia Parigi e toma in Firenze sua patria, risoluto di farla sua. La tragedia romana si trasforma nella commedia fiorentina. Il mondo è mutato e rimpiccinito, Collatino è divenuto Nicia.

Come Machiavelli ha potuto esercitare il suo ingegno a scriver commedie?

Scusatelo con questo: che s’ ingegna

con questi van pensieri

fare il suo tristo tempo piú soave,

perché altrove non ave

dove voltare il viso;

ché gli è stato interciso

mostrar con altre imprese altre virtue,

non sendo premio alle fatiche sue.

Cattivi versi, ma strazianti. Il suo riso è frutto di malinconia. Mentre Carlo ottavo correva Italia, Piero de’ Medici e Fede