Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1962 – BEIC 1808914.djvu/23

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plebeo per la pulitezza delle forme e la gentilezza de’ sentimenti; un mondo le cui leggi non erano derivate dal Vangelo né da alcun codice, ma dall’essere cavaliere o gentiluomo; e anche oggi sentiamo dire: «in fé di gentiluomo». Ci era il codice dell’onore e dell’amore, che comprendeva gli obblighi del prode e leale cavaliere. La costanza e fedeltá nell’amore, la devozione al suo signore, l’osservanza della parola, la difesa de’ deboli, la riparazione delle offese, erano gli articoli principali di quel codice, il cui complesso costituiva il cosi detto «punto d’onore». Questo è quel mondo della cortesia che nel Decamerone apparisce come il mondo poetico in contrapposto con la rozzezza plebea; e in veritá Gerbino e Guglielmo e la figlia di Tancredi e Federigo degli Alberighi sono belle immagini di un mondo superiore per finezza e fierezza di tempra. Ma nelle corti italiane, come quelle di Urbino, di Ferrara, di Mantova, era rimasto di quel mondo appena un barlume, e piú nell’apparenza che nella sostanza, anzi non rado avveniva di vedere accoppiata con l’eleganza e la galanteria dei costumi la piu sfacciata perfidia, come in Cesare Borgia. Un sentimento vero e profondo dell’onore non era dunque parte intima del carattere nazionale; e se allora potevano esserci uomini di onore, non ci era certo né un popolo né una classe dove l’onore fosse regola della vita, anzi quegli uomini colti e svegliati erano inclinati a dar dello sciocco a quelli che con loro danno o incomoditá osservavano quelle leggi : non era virtú, era dabbenaggine, e destava quel leggier senso ironico, la cui punta è appena dissimulata nell’esclamazione del poeta:

O gran bontá de’ cavalieri antiqui!

Non ci era dunque in Italia un serio sentimento cavalleresco, che potesse ispirare qualche cosa come il Cid ; e scaduto ogni sentimento religioso, morale e politico, l’onore rimaneva senza base, e non avea serbate che alcune delle sue qualitá superficiali, e piú brillanti che solide, di cui si vede il codice nel Cortigiano del Castiglione. Perciò la cavalleria, come la

2 ’ F -»E Sanctis, Storia della letteratura italiana - II.